Trading online, ESMA
Nuove Regole per il Trading online con la decisone dell’ESMA
Con l’inizio di agosto scatta una piccola rivoluzione nel mondo della finanza, in particolare per i privati che fanno trading online e cioè investono denaro attraverso operatori specializzati puntando sull’andamento di titoli, azioni o materie prime.
L’Esma, l’Autorità che nel Vecchio Continente vigila sui mercati finanziari, ha imposto sensibili restrizioni a questo genere di operazioni, aumentando tra le altre cose la quantità di denaro che un trader deve tenere “a garanzia” degli investimenti che muove (ossia il cosiddetto margine). Novità richieste – ha detto l’Autorità – dal fatto che in Europa risultano percentuali tra il 74 e l’89% dei conti di trading al dettaglio in perdita sugli investimenti effettuati (a seconda delle giurisdizioni), con rossi che vanno da 1.600 a 29.000 euro per cliente.
L’Esma ha annunciato le innovazioni normative come una “maggiore protezione degli investitori nell’Unione europea” e il presidente Steven Maijoor ha rivendicato che “per la prima volta”, le regole “garantiranno che gli investitori non possano perdere più denaro di quanto hanno investito”. Dal 1° agosto sarà infatti ridotta la “leva” per chi fa trading online con gli strumenti finanziari scambiati sui mercati non regolamentati, quel che avviene in particolare con i Cfd (contract for difference, contratti per differenza). Una innovazione che era stata preparata all’inizio di luglio con lo stop alle “opzioni binarie”. Strumenti che – soprattutto attraverso i video online che a molti si aprono come popup mentre si naviga – promettono lauti e facilissimi guadagni: già dal 1° luglio queste non possono esser sponsorizzate, distribuite o vendute al pubblico retail.
Per la novità di agosto, vediamo con ordine di cosa si tratta. A cominciare dai fattori in gioco. La “leva” utilizzata nel trading online consente a un investitore di puntare una piccola somma su uno strumento finanziario, ma amplificare l’effetto della sua scommessa grazie al denaro che viene messo a disposizione dal broker che intermedia l’operazione. In pratica, si entra sul mercato per valori ingenti disponendone solo una piccola percentuale. In cambio, sul proprio conto di trading viene richiesta la disponibilità di un “margine”, un capitale proprio del trader a garanzia dell’operazione. In sostanza, quando si parla di leva 100 a 1 significa che è richiesto un margine dell’1% e con 1.000 euro sul mio conto di trading posso scommettere su una valuta muovendo un valore pari a 100mila euro. La leva consente dunque di amplificare i guadagni, ma potenzialmente anche le perdite. Il broker – che si remunera attraverso le commissioni – liquida le posizioni in rosso in modo da non far perdere al cliente più del margine richiesto.
I Cfd sono – da definizione della stessa Borsa italiana – uno strumento derivato. Un contratto “tra due parti nel quale l’acquirente, a fronte di un pagamento di un tasso di interesse, riceve il rendimento di un’attività finanziaria sottostante mentre il venditore del contratto, a fronte dell’incasso degli interessi, si impegna a pagare il rendimento dell’asset sottostante”. Uno strumento, cioè, nel quale si gioca sulle differenze di prezzo: si acquista “long” se si crede che il valore del sottostante (un’azione, una valuta…) salirà o si prende una posizione “short” se si crede che scenderà. Alla fine, si guadagna o perde “in funzione della differenza tra il prezzo di acquisto ed il prezzo di vendita del sottostante, moltiplicato per il numero di Cfd scambiati”.
Con agosto e con le regole dettate dall’ESMA, per questo genere di contratti, la leva dei clienti retail potrà esercitarsi solo entro certi limiti, a seconda del sottostante sul quale si inverte. Sarà di 30:1 per le valute principali, 20:1 per le altre valute, l’oro e gli altri indici principali, 10:1 per le altre materie prime diverse dal lingotto e gli indici azionari non principali, 5:1 per le singole azioni e 2:1 per le criptovalute. In pratica, se ora per muovere 100mila euro sul cambio euro/dollaro basta un margine di 250, si dovrà salire a 3.333 euro sul conto. Cambia inoltre la chiusura automatica dei Cfd in perdita sul conto di un cliente: i broker saranno obbligati a liquidare i contratti quando la perdita avrà raggiunto il 50% del margine minimo richiesto. Altre novità sono: la protezione del saldo negativo, ovvero il cliente non può perder più di quanto depositato sul suo conto di trading; innovazioni sugli avvisi sui rischi da dare agli investitori da parte dei broker.
Non tutti i trader ricadranno sotto questa nuova normativa. È infatti prevista una “deroga” per gli “esperti”, coloro che cioè abbiano almeno due dei seguenti tre requisiti: aver operato almeno dieci volte in ognuno degli ultimi quattro trimestri; abbiano esperienza professionale in ambito finanziario; abbiano almeno 500mila di patrimonio (immobili esclusi).
Tra gli addetti ai lavori queste novità inserite da ESMA hanno fatto parecchio rumore, soprattutto per il quantum deciso dai regolatori europei. Alex Pusco, ceo di ActivTrades, mette ad esempio al cenro “ogni misura volta a tutelare gli investitori” ma non nasconde: “Avrei preferito un allineamento con gli Stati Uniti, che hanno fatto una scelta maggiormente ponderata sia per i trader che per le aziende, optando per una leva a 1:50. Del resto si trattava anche dell’opzione proposta dall’Fca, il regolatore britannico”, alla quale in molti chiedevano di guardare come riferimento. “Si tratta di un’ennesima stretta per un settore che negli ultimi anni ha già subito numerose restrizioni, divenendo uno di quelli maggiormente regolamentati nell’ambito finanziario”. Una stretta tale da generare uno shock sul mercato, chiediamo? “Chiaramente una riduzione della leva così forte potrebbe determinare un vero e proprio shock. Stiamo parlando di un taglio medio alla leva nell’ordine del 95%”, ritiene Pusco.
L’esperto evidenzia anche un altro punto critico delle normative: “Con queste regole inserite dall’ESMA aprono spazio per una falla che al momento appare potenzialmente di dimensioni ampie. Infatti, i broker non europei potrebbero continuare ad offrire una leva massima di 1:400. Si parte da un’esigenza di tutela verso il trader, lasciando aperta la possibilità ad una sua emigrazione verso broker non europei che talvolta non sono in grado di offrire le garanzie necessarie per un trading sicuro”. Il rischio, cioè, è che per un eccesso di regolamentazione si invogli lo spostamento verso piattaforme che di regolamentato hanno ancor meno. Positivo, infine, il commento sulla protezione ulteriore data “dal fatto che il conto del trader non possa andare in negativo. Si tratta di una garanzia che ActivTrades aveva introdotto già nell’estate 2013”.